DISTRAZIONE / CONCENTRAZIONE

Dott. Paride Zappvigna
Direttore Dental Team Academy

“Distrarre” è formato dalla particella dis (che indica allontanamento e/o separazione) e il verbo trahĕre (attirare, attrarre), da cui il significato di spingere in due parti diverse o meglio ancora volgere qualcosa in altro uso. Si distrae, dunque, colui che rivolge – intenzionalmente perché attratto – la propria attenzione verso un’altra direzione (l’attenzione si sposta altrove).

Furto di attenzione

Oggi viviamo costantemente come se la nostra attenzione venisse sottratta da qualcuno. I social network e diversi aspetti della contemporaneità stanno erodendo la capacità di concentrazione delle persone. Le modalità e i processi con cui svolgiamo la maggior parte delle nostre attività sono frammentati, e la nostra abilità di mantenere l’attenzione si è deteriorata e frantumata.

Conseguenze personali e sociali

La distrazione porta a conseguenze evidenti nelle cronache quotidiane: bambini dimenticati in auto, incidenti domestici o sul lavoro. Gli insegnanti, in particolare, lamentano che gli studenti stanno perdendo sempre più la capacità di concentrazione. Con il passare degli anni, sembra di salire su scale mobili che in realtà scendono. La capacità di rimanere concentrati su una singola attività per lunghi periodi sembra svanire sempre di più.

Pensiamo a quali conseguenze gravi possono portare le distrazioni nella sanità. Per distrazione nell’applicazione di procedure di sicurezza si può anche morire.

L’impulso a controllare

Consideriamo gli smartphone, whatsapp, i social e le notifiche. Sentiamo spesso l’impulso di controllare continuamente lo schermo, anche sapendo che non è arrivato nulla di nuovo. È come se una voce interiore ci dicesse “So che c’è qualcosa di sbagliato, ma non so come rimediare”. E così continuiamo a mandare messaggi e a controllare le notifiche, perché entriamo in un meccanismo compulsivo.

Comprendere il problema

Stiamo attraversando una grave crisi dell’attenzione con enormi conseguenze per il nostro modo di vivere. Dobbiamo prendere consapevolezza di questa sottrazione limitante le nostre potenzialità per riappropriarci del nostro tempo di attenzione e concentrazione. Si è creata una modalità opposta a quella che ad esempio richiederebbe la meditazione.

Un ambiente tossico per l’attenzione

Forse dovremmo chiederci se non stiamo creando un ambiente patologico per l’attenzione, dove mantenere una concentrazione prolungata e profonda è sempre più difficile. Lo vediamo costantemente già a partire dagli studenti che hanno una drammatica perdita di concentrazione, che si esaurisce in pochi minuti di attenzione.

Il cervello e gli stimoli esterni

Le neuroscienze ci aiutano a comprendere come il nostro cervello si sia sviluppato e adattato a gestire gli stimoli esterni. Se partiamo dal presupposto che siamo nati in un ambiente naturale, è evidente che un numero eccessivo di stimoli esterni lo manda in totale crisi. Il cervello può gestire solo uno o due pensieri contemporaneamente. Nella nostra mente cosciente, possiamo fare una cosa alla volta: le nostre capacità cognitive sono molto limitate.

Conseguenze delle distrazioni

Sappiamo ormai che una mente perennemente distratta è predisposta a comportamenti poco salutari, che fanno male all’individuo, predisponendolo di più, ad esempio, alla depressione, all’apatia relazionale, al disinteresse e anche all’automatica esecuzione di schemi mentali, i cosiddetti bias cognitivi.

È importante infatti ricordare che, come ha descritto il premio Nobel Daniel Kahneman nel suo libro “Pensieri lenti e veloci”, noi abbiamo due modalità di pensiero: una più veloce, automatica e istintiva ma in un senso negativo, perché segue degli schemi e li applica senza ragionare, e una più lenta, che fa entrare in gioco la concentrazione e s’impegna nel tentativo di vedere le cose come sono realmente, utilizzando la logica per valutare ciò che succede e per gestire le situazioni.

L‘importanza dell’attenzione consapevole

Quindi, educare e allenare gli studenti a un’attenzione consapevole potrebbe portare, come primo risultato, la possibilità di contrastare gli stereotipi e tutte quelle false inclinazioni della mente in cui crediamo a cose non vere, anche se l’evidenza dei fatti le smentiscono. Quando classifichiamo le persone in modo automatico, ad esempio, lo facciamo perché non abbiamo le risorse di attenzione necessarie e, dunque, ci mettiamo su un binario più comodo, molto disattento, di giudizio superficiale e stereotipico, basato solo su singoli elementi, che consideriamo semplicemente per il fatto di non essere capaci di valutare la complessità nel suo insieme.

Superare la pigrizia mentale

E se guardiamo questo atteggiamento in profondità, è proprio una mancanza di attenzione e una sorta di pigrizia mentale che ci mette in una modalità di pensiero veloce, che ci fa soffermare solo su quello che risulta più accessibile. Sono comportamenti di cui spesso non ci accorgiamo, ma che richiederebbero appunto un’attenzione maggiore. In realtà, sono proprio gli eventi che non confermano le nostre aspettative a essere i più interessanti e degni di attenzione.

Il mito del multitasking

Siamo vittime di un grande inganno. Oggi, un adolescente medio crede di poter gestire diversi mezzi di comunicazione contemporaneamente. Tuttavia, le neuroscienze hanno scoperto che, quando le persone credono di fare più cose allo stesso tempo, in realtà passano continuamente da un’attività all’altra senza accorgersene. Il cervello, in qualche modo, nasconde questa realtà, dando l’illusione di vivere un’esperienza cosciente senza interruzioni. Ma quello che realmente accade è che il cervello si riconfigura costantemente, compito dopo compito. E questo ha un costo. Ad esempio, se mentre stiamo scrivendo un testo riceviamo un messaggio, guardarlo per tre secondi e poi tornare al testo richiede una riconfigurazione del cervello. Le prestazioni ne risentono e  diventiamo più lenti a causa dello spostamento dell’attenzione. Ci sono diversi studi che dimostrano la perdita di concentrazione per distrazione.

Soluzioni individuali e collettive

La nostra attenzione è stata alterata da enormi forze invasive della società. Dire che la soluzione è semplicemente modificare le proprie abitudini, per esempio rinunciare al telefono, è solo un modo per scaricare il problema sull’individuo. Sono i cambiamenti ambientali a fare la differenza. Prendiamo i dati crescenti sui tassi di obesità: forse sta succedendo lo stesso nel campo della concentrazione. I fattori che ostacolano l’attenzione sono vari: dalla tecnologia al cibo che mangiamo, dall’aria che respiriamo alle ore di sonno che perdiamo.

Difendere la nostra concentrazione

Ci sono molte cose che possiamo fare per difendere la nostra capacità di concentrazione a partire dagli atteggiamenti individuali. Ma è a livello sociale che dobbiamo unirci per affrontare queste forze che rubano la nostra attenzione e riprendercela. Il nostro cervello è una macchina lenta che non è in grado di gestire la quantità di stimoli a cui lo sottoponiamo costantemente ogni giorno. La soluzione è sempre la stessa: ritornare a una condizione più essenziale e bilanciata per il nostro sistema biologico.

La felicità e la natura

Pensiamo alla felicità. Una delle cose più interessanti che stiamo annotando per ripristinare l’attenzione è guardare all’orizzonte in quella che si chiama “attenzione non focalizzata“, ovvero guardare l’infinito senza focalizzarsi su nulla in particolare. In città questo non è possibile, perché i nostri occhi incontrano costantemente elementi antropici che il cervello deve elaborare. Quando vogliamo ripristinare i nostri livelli di attenzione, dobbiamo guardare verso l’alto. Una teoria interessante, chiamata “Attention Restoration Theory” (ART), descrive come certi meccanismi possano ripristinare la nostra attenzione, e uno dei più efficaci è la natura.

Il punto è iniziare a badare a quello che stiamo facendo, al modo e a come ripristinare l’attenzione attraverso il movimento e il contatto con l’ambiente naturale. In maniera semplice e non invasiva, possiamo ottenere grandi benefici per il nostro cervello.

La distrazione utile nel tempo dell’ozio (otium)

La cultura occidentale ha posto ai poli dell’attenzione la concentrazione e la distrazione, stigmatizzandone le qualità: positive per la prima, negative per la seconda. Uscire da questa impasse non è semplice, anche solo per consuetudine. Basti pensare all’abusata espressione “deficit dell’attenzione” che rimanda a quell’atteggiamento definito genericamente “distratto” – e pertanto deficitario – manifestato da adulti e soprattutto da adolescenti in risposta (negativa) ai tanti stimoli della società contemporanea. La questione, però, non è così definita come sembra e questo vincolo binario, in cui la concentrazione porterebbe alla vera conoscenza e la distrazione alla non-conoscenza o alla falsa conoscenza, può essere messo in discussione.

Mentre nel tempo produttivo del “neg-otium” la distrazione è considerata negativamente, può assumere invece un ruolo positivo, emancipatore e creativo nel tempo dell’ozio.

Tuttavia, conciliare queste due visioni può arricchire la nostra comprensione del ruolo della distrazione nella vita moderna.

La cultura occidentale ha spesso opposto concentrazione e distrazione, considerandole polarità con qualità opposte: positiva la prima, negativa la seconda. Questa dicotomia è stata messa in discussione da pensatori e artisti che hanno esplorato come la distrazione possa diventare una forma positiva di attenzione. Ad esempio, Paul Sztulman e Dork Zabunyan, nel loro libro Politiques de la distraction, suggeriscono che forme di “esperienza distratta” possano dare vita a una forza

Un altro punto di vista sulla distrazione: un approccio storico e artistico

La cultura occidentale ha spesso opposto concentrazione e distrazione, considerandole polarità con qualità opposte: positiva la prima, negativa la seconda. Questa dicotomia è stata messa in discussione da pensatori e artisti che hanno esplorato come la distrazione possa diventare una forma positiva di attenzione. Ad esempio, Paul Sztulman e Dork Zabunyan, nel loro libro Politiques de la distraction, suggeriscono che forme di “esperienza distratta” possano dare vita a una forza

La distrazione come forza cognitiva e politica

Pensatori come George Simmel, Walter Benjamin, Sigfrid Kracauer e Ernst Bloch hanno proposto che la distrazione possa opporsi alle manipolazioni della propaganda e del pensiero unico, rappresentando una forza attrattiva e piacevole. La distrazione può scompigliare le carte in gioco, riportando al centro l’imprevedibilità e l’inconscio, aspetti che cineasti e artisti hanno saputo cogliere e sfruttare nelle loro opere.

Unire concentrazione e distrazione: un equilibrio necessario

Per conciliare queste due visioni, è importante riconoscere che sia la concentrazione sia la distrazione hanno ruoli complementari nella nostra vita. La concentrazione è essenziale per compiti che richiedono attenzione prolungata e dettagliata, mentre la distrazione può stimolare la creatività, offrire momenti di pausa e permettere una comprensione più ampia e libera del mondo.

Strategie pratiche per integrare concentrazione e distrazione

Per un buon approccio pragmatico può essere utile seguire questi consigli.

Alternare periodi di intensa concentrazione con pause in cui permettersi di essere distratti può migliorare la produttività e il benessere mentale.

Creare spazi che favoriscano sia la concentrazione (ambienti tranquilli e senza distrazioni) sia la distrazione positiva (aree per la creatività e il relax) può sostenere diverse modalità di pensiero.

Insegnare a riconoscere quando è necessario concentrarsi e quando è utile lasciarsi distrarre può aiutare a sfruttare al meglio entrambe le modalità di attenzione.

Promuovere attività artistiche e ricreative che incoraggino la distrazione creativa può arricchire la vita personale e sociale, favorendo un equilibrio tra lavoro e tempo libero

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